Sardella. — Piccolo pesce dei nostri mari, che è ottimo, fresco ed eccellente conservato sott'olio. Oggi anche in Italia si preparano scatole di sardine, che non sono per nulla inferiori alle celeberrime di Nantes. Scorzonera. — Vi è una scorzonera dolce, che si mangia per lo più fritta, e una scorzonera amara, che si mangia lessata e in insalata. La prima è fra le verdure più insignificanti e da mettersi nel limbo del mondo gastronomico vegetale; la seconda è così amara da riuscire gradita a pochi palati.
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Sardella. — Piccolo pesce dei nostri mari, che è ottimo, fresco ed eccellente conservato sott'olio. Oggi anche in Italia si preparano scatole di
Sedano. – I nostri antichi padri, i Romani, nei loro conviti si incoronavano il capo di sedano per tener lontana l'ebbrezza; noi non portiamo più queste corone, perchè abbiamo perduto la fede nella loro virtù antialcoolica, ma continuiamo a mangiare il sedano crudo come antipasto e il sedano cotto in molti intingoli diversi. Il sedano è molto eccitante e per molti ventricoli indigesto.
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Sedano. – I nostri antichi padri, i Romani, nei loro conviti si incoronavano il capo di sedano per tener lontana l'ebbrezza; noi non portiamo più
Sturione. — Grosso pesce dei nostri fiumi maggiori e dei nostri mari, che ci dà una carne alquanto stopposa, ma che diviene delicata con un legger grado di infrollimento. È cibo nutriente, ma non troppo digeribile. Dumas racconta con mal celata compiacenza di aver dato nel 1833 un ballo mascherato, nel quale fu servito un capriolo arrosto e uno sturione lesso. Il primo fu mangiato fino alle ossa, ma il secondo era tanto enorme, che non potè esser finito, benchè a cena sedessero quattrocento persone.
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Sturione. — Grosso pesce dei nostri fiumi maggiori e dei nostri mari, che ci dà una carne alquanto stopposa, ma che diviene delicata con un legger
. Seppia. — Mollusco comunissimo dei nostri mari e che chiamasi volgarmente calamaio per l'umor nero che schizza fuori per propria difesa, quando sia toccato o inseguito. I calamaretti giovani sono saporiti e di una discreta digeribilità; quanto ai grossi, lasciateli ai marinai e agli struzzi.
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. Seppia. — Mollusco comunissimo dei nostri mari e che chiamasi volgarmente calamaio per l'umor nero che schizza fuori per propria difesa, quando sia
Acciuga. — Piccolo pesce dei nostri mari e che viaggia in stormi innumerevoli, avvicinandosi in alcune epoche dell'anno alle nostre coste, dove i pescatori della Liguria lo stanno aspettando con avida impazienza. Un mio buon vicino di San Terenzo nel Golfo della Spezia in due notti di pesca ne acchiappò per il valore di ottocento lire, somma per lui più che sufficiente a vivere un anno. Felice mortale che in quarantott'ore seppe risolvere il pareggio del suo bilancio meglio di molti nostri ex-ministri della finanza! Le acciughe fresche sono nutrienti e di facile digestione; marinate o salate non convengono che ai ventricoli forti. Sono una buona colazione per i fanciulli, specialmente se unite al burro o all'olio. Aguzzano l'appetito e invitano a mangiare molto pane. Non conviene confondere le acciughe colle sardine, che costano meno e sono di un gusto meno delicato. I Romani antichi erano molto ghiotti del loro garum, e gl'inglesi adorano la loro essence of anchovies, e l'uno e l'altra son salse di acciughe.
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Acciuga. — Piccolo pesce dei nostri mari e che viaggia in stormi innumerevoli, avvicinandosi in alcune epoche dell'anno alle nostre coste, dove i
Timo. — Pianticella simpatica e modesta, che fu portata dai monti, dove passa la sua vita silenziosa e tranquilla nei grassi orti, dove sbadiglia e si annoia, morendo poi nelle nostre casseruole, dove profuma molti dei nostri intingoli.
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si annoia, morendo poi nelle nostre casseruole, dove profuma molti dei nostri intingoli.
Trota. — Pesce delizioso, una volta comunissimo in tutti i nostri laghi e torrenti alpini ed apennini, ed oggi divenuto assai raro per l'imprudenza e l'imprevidenza dei pescatori. Ci dà una carne delicata, digeribile, nutriente e può chiamarsi re o regina (al sesso non ci tengo) di tutti i nostri pesci d'acqua dolce. La trota è un pesce montanaro e merita qualche volta di essere cotto e servito à la montagnarde. Per raggiungere questo fine dopo aver tenuto la trota per un'ora in acqua salata, fatela cuocere con una bottiglia di vino bianco, tre cipolle, pepolino, chiodi di garofano, due spicchi d'aglio, alloro, timo, basilico e burro. Servite colla salsa, spargendovi un po' di prezzemolo tagliuzzato.
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Trota. — Pesce delizioso, una volta comunissimo in tutti i nostri laghi e torrenti alpini ed apennini, ed oggi divenuto assai raro per l'imprudenza e
Vannello. — In Francia la rima più che la verità ha creato questo proverbio: N'a pas mangé un bon morceau qui n'a mangé ni becasse ni vanneau, ma la beccaccia è disonorata da questo umiliante confronto. Il vannello dà una carne sapida, di pocopr egio, ma alquanto tigliosa: le sue uova invece sono davvero squisitissime e sono superiori a quelle di tutti i nostri uccelli domestici.
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davvero squisitissime e sono superiori a quelle di tutti i nostri uccelli domestici.
Zafferano. — A fare una libbra di zafferano ci vogliono più di centomila fiori e si esigono cinque libbre di zafferano fresco per farne una di secco. È forse per questo che i nostri droghieri ce lo falsificano tanto volentieri coi fiori di cartamo, che costano molto meno del vero zafferano. Se fosse vero quel che dice Bacone che questo provoca il riso, tien viva l'allegrezza e ritarda la vecchiaia, i milanesi, che lo mangiano tanto spesso nel loro risotto, dovrebbero campar molto vecchi (ciò che del resto si meritano per molti altri riguardi e che auguro loro di tutto cuore). Quel che è certo è che lo zafferano eccita il ventricolo ed altre cose e facilita la digestione del riso, che serve a dorare e a render più saporito.
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. È forse per questo che i nostri droghieri ce lo falsificano tanto volentieri coi fiori di cartamo, che costano molto meno del vero zafferano. Se
Agone. — Pesce comunissimo dei nostri laghi, che è sano e saporitissimo, quando sia fresco e ben cucinato. Deve proibirsi ai fanciulli per la ricchezza straordinaria delle sue spine sottilissime. Salato o marinato deve riservarsi ai ventricoli robusti.
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Agone. — Pesce comunissimo dei nostri laghi, che è sano e saporitissimo, quando sia fresco e ben cucinato. Deve proibirsi ai fanciulli per la
E noi continuiamo il nostro sterile apostolato a favore del più maltrattato dei nostri sensi, raccomandando caldamente la casa Pierrugues, che fabbrica profumi per nulla inferiori a quelli d'Inghilterra e di Francia e che hanno anche il vantaggio di costar poco.
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E noi continuiamo il nostro sterile apostolato a favore del più maltrattato dei nostri sensi, raccomandando caldamente la casa Pierrugues, che
Bagiola. — (piuri nell'Apennino Toscano, ludrion in Lombardia). Piccolo frutto indigeno dei nostri monti; acidetto, di facile digestione e alquanto astringente. Se ne può fare un'eccellente conserva.
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Bagiola. — (piuri nell'Apennino Toscano, ludrion in Lombardia). Piccolo frutto indigeno dei nostri monti; acidetto, di facile digestione e alquanto
Finocchio. — Pianta aromatica che ha virtù molto analoghe a quelle dell'anice. In molti paesi d' Italia se ne mangiano crudi i giovani germogli ed è celebre il finocchio di Faenza e di Forlì. È anch'essa una delle piante, che i burloni dei nostri padri chiamarono carminative perchè fanno far versi anche agli uomini più prosaici del mondo.
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celebre il finocchio di Faenza e di Forlì. È anch'essa una delle piante, che i burloni dei nostri padri chiamarono carminative perchè fanno far versi
Gambero. — Il gambero d'acqua dolce era quasi scomparso dalla scena del mondo gastronomico italiano per opera di infusorii parassiti, quando in questi ultimi tempi ha ricominciato a popolare i nostri fiumi, i nostri laghi e le nostre mense. È cibo saporito, eccitante, non molto digeribile e che in taluni produce l'orticaria. Il modo più semplice per cucinarli consiste nel metterli a cuocere vivi (che i protettori degli animali non se lo dicano) in una pentola, dove si ha versato acqua, aceto, sale, pepe, timo e alloro.
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questi ultimi tempi ha ricominciato a popolare i nostri fiumi, i nostri laghi e le nostre mense. È cibo saporito, eccitante, non molto digeribile e che in
Gelatina. — Sostanza organica, che si produce artificialmente colla lunga cottura delle ossa, delle cartilagini, dei tendini e di quasi tutti i tessuti animali. Creduto un tempo il più sostanzioso alimento, decadde fino quasi ad esser creduto un escremento, che passava nell'organismo, insalutato ospite, senza lasciare alcun benefizio di sè. Può darsi che ritardi la riduzione organica dei nostri tessuti, ossidandosi per conto proprio, ma in ogni modo non è un vero e proprio alimento.
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ospite, senza lasciare alcun benefizio di sè. Può darsi che ritardi la riduzione organica dei nostri tessuti, ossidandosi per conto proprio, ma in ogni
Lingua. — Noi non mangiamo più con pazza e crudele prodigalità le lingue degli usignuoli o dei papagalli, ma quelle del cavallo e dei nostri animali da macello. La lingua è una delle parti più saporite e più tenere di tutto l'animale, e non per nulla sotto Luigi XII di Francia un diritto feudale accordava al signore del luogo le lingue di tutti i buoi uccisi nel suo dominio. Le lingue affumicate di Zurigo sono per lo più di cavallo, ciò che non diminuisce la loro bontà.
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Lingua. — Noi non mangiamo più con pazza e crudele prodigalità le lingue degli usignuoli o dei papagalli, ma quelle del cavallo e dei nostri animali
Maggiorana. — Il nome botanico di quest' erba aromatica è bellissima parola, perchè vuol dire gioia del monte (oregano). Ed è anche gioia delle casseruole, dove entra spesso come condimento, specialmente per render saporose le carni del lepre in stufato e dell'oca arrostita. La maggiorana campestre è indigena d'Europa e d'Asia, ma quella dei nostri giardini ci è venuta dall'Asia e dall'Africa, ed ha profumo più gradito e più forte della prima. Non dimenticate la maggiorana quando cucinate i fagiuoli, i ceci od altri legumi molto farinosi e quindi anche molto ventosi.
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è indigena d'Europa e d'Asia, ma quella dei nostri giardini ci è venuta dall'Asia e dall'Africa, ed ha profumo più gradito e più forte della prima
Mais o granturco. — Questo cereale, per quanto ci sorrida dalle sue pannocchie d'oro, chiude nel suo battesimo europeo una bugia e nelle sue viscere il peccato originale di dar la pellagra a tanti poveri contadini, che lo mangiano mal maturo e ammuffito. Il mais non è punto turco, ma americano e dall'America ce l'ha proprio portato lo stesso Colombo nel 1493. Pare che mais derivi dalla parola haitiana mahiz. Gli Indiani Susquehama hanno sul mais una tradizione poetica e mitologica. «Una volta i nostri padri non avevano per cibarsi che la carne degli animali e quando la caccia non era fortunata, erano in pericolo di morir di fame. Ora avvenne un giorno che due giovani cacciatori, avendo ucciso un cervo, accendessero un fuoco per farlo arrostire. Mentre essi erano intenti a saziare la loro fame, videro scendere dalle nubi una donna bella e giovane e posarsi sopra un colle. Quei giovani dissero: Ecco uno spirito, che fu invitato dal buon odore del nostro arrosto, offriamone ad esso un pochino. E apprestarono alla bella fanciulla la lingua, che è nel cervo la parte migliore di tutto il corpo. La donna ne mangiò, e trovatala di suo gusto, disse: La vostra bontà sarà premiata; ritornate in questo luogo fra 13 mesi e vi troverete cosa che darà nutrimento a voi e ai vostri figli per tutte le future generazioni. Così fecero, e ritornati trovarono piante, che prima d'allora non avevano mai avute nel loro paese. Dove la divina fanciulla aveva toccato la terra colla mano destra erano cresciute piante di mais; dove essa aveva toccato il suolo colla mano sinistra, trovarono fagiuoli bianchi, e dove essa si era seduta, era cresciuta la pianta del tabacco.»
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una tradizione poetica e mitologica. «Una volta i nostri padri non avevano per cibarsi che la carne degli animali e quando la caccia non era
Miele. — Cibo molto poetico, che fra noi però si trova più spesso sulle labbra dei nostri poeti, che in bocca dei ghiottoni, avendo lo zucchero di canna e di barbabietola sostituito il miele in quasi tutti i suoi usi culinarii. Pei bambini, disteso sul pane, costituisce un'ottimo cibo, mentre negli adulti dispeptici produce spesso flatulenza e acidità di stomaco, in altri dà una sensazione spiacevole di secchezza e di irritazione alla gola. Quando invece è ben digerito, può guarire alcune forme di stitichezza cronica. Il miele amaro di Sardegna, che deve il suo sapore particolare ai fiori dell'assenzio, è tonico e buon amico del ventricolo.
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Miele. — Cibo molto poetico, che fra noi però si trova più spesso sulle labbra dei nostri poeti, che in bocca dei ghiottoni, avendo lo zucchero di
Montone. — Carne saporita, nutriente, ma alquanto indigesta, perchè molto grassa e non sempre tenera. Ha anche l'inconveniente di essere più di molte altre carni infettata dai parassiti. Chi in Italia si applicasse a migliorare le razze dei nostri montoni, come animali da macello, farebbe opera utile a sè e onorevole al paese; perchè fino ad oggi la carne dei nostri montoni deve arrossire di vergogna dinanzi ai gigots francesi ed inglesi.
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altre carni infettata dai parassiti. Chi in Italia si applicasse a migliorare le razze dei nostri montoni, come animali da macello, farebbe opera
Nocciuola. — Frutto indigeno dei nostri monti italiani e reso più grosso e più saporoso dalla coltura. Appartiene ai frutti oleosi, ma quando è fresco e ben masticato, è di facile digestione. Secco è meno digeribile, rancido è pessimo.
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Nocciuola. — Frutto indigeno dei nostri monti italiani e reso più grosso e più saporoso dalla coltura. Appartiene ai frutti oleosi, ma quando è
Noce. — Bell'albero della Persia che dà alle nostre case un legno eccellente, ai nostri scrofolosi un decotto salubre colle sue foglie, a tutti un frutto saporito e nutriente. Mangiatela fresca e spogliata della sua pellicola, e se volete rinfrescare le noci secche, mettetele a macerare nel latte tiepido e lasciatevele raffreddare. L'albero del noce in latino si chiama juglans o glans Jovis, ghiande di Giove, e il poeta romano Bassus ci spiega la singolare etimologia:
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Noce. — Bell'albero della Persia che dà alle nostre case un legno eccellente, ai nostri scrofolosi un decotto salubre colle sue foglie, a tutti un
Ostrica. — Se Esopo e Socrate non ci avessero insegnato da secoli che il brutto può accordarsi col buono, le ostriche sarebbero lì ogni giorno per provarci, che la conchiglia più orrida, più volgare, che sembra piuttosto una scheggia di roccia che un animale, può nascondere in sè il più ghiotto boccone di questo mondo e che questo boccone può esser divino anche con un aspetto schifoso e quasi ributtante. Gli antichi nostri padri dell'epoca della pietra divoravano con voluttà migliaia di ostriche, spesso loro cibo principale, ed oggi anche un imperatore che invita alla propria mensa una pleiade di prìncipi e di re, non trova altro di meglio da offrir loro come antipasto che una dozzina di ostriche. È uno dei mille casi, nei quali l'arte si ritira confusa e piena di rossore dinanzi all'onnipotente natura. Nessun cuoco del mondo ha potuto o saputo coi suoi multiformi intingoli e colle sue proteiformi salse produrre niente di meglio di un'ostrica. L'ostrica, che non ha bisogno nè di sale, nè di fuoco, nè di accompagnamento qualunque di artificiosi intingoli per essere saporosa, leggera, voluttuosa, solleticante, appetitosa e che nel saziar l'appetito risveglia sempre un appetito nuovo; che non ha bisogno di esser masticata, ma che può essere sorbita dalla lingua d'una donna amata, come faceva l'epicureo Casanova; che la natura ci offrì perfino col suo piattino perlaceo e sempre pulito di dentro come una scodellina di porcellana. L'ostrica, che può esser mangiata al più luculliano e sardanapalesco convito dal più gargantuano dei ventricoli, come pub essere sorbita e digerita dalle labbra d'un moribondo; cibo pei sani, pei malati e pei convalescenti, cibo che sembra aver involato al mare il più salso dei suoi aromi, e le più voluttuose e celate sue virtù. Un cuoco-poeta cantò le ostriche in questi versi, che sono però meno buoni di esse:
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boccone di questo mondo e che questo boccone può esser divino anche con un aspetto schifoso e quasi ributtante. Gli antichi nostri padri dell'epoca della
Patata. — Pianta americana portata in Irlanda fin dal 1565 e introdotta poi in Francia e resa popolare verso la fine del secolo scorso dal Parmentier. La patata contiene tre volte meno amido che i cereali, e undici volte meno di sostanza azotata che il frumento ottimo. Anche i legumi secchi in confronto del tubercolo americano contengono tre volte più amido e dieci volte più di sostanza azotata. La patata come alimento esclusivo è quindi poco nutritiva e conviene mangiarne in enorme quantità, e distendere quindi assai il ventricolo per saziare la fame e sopperire alle spese quotidiane del nostro bilancio nutritivo. Sulla tavola dell'operaio e del contadino la patata non deve quindi essere che un accessorio; e se così avessero fatto i poveri irlandesi, non avrebbero avuto così lunghe e crudeli carestie. I nostri orticoltori e contadini dovrebbero occuparsi di migliorare le razze italiane della patata, che in generale sono fra le pessime d'Europa.
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poveri irlandesi, non avrebbero avuto così lunghe e crudeli carestie. I nostri orticoltori e contadini dovrebbero occuparsi di migliorare le razze italiane
Pisello. — Ottimo fra i nostri legumi, digeribile, saporito, nutriente. I piselli freschi e cotti in acqua leggera sono assai più digeribili che i secchi. Questi contengono il 58 per cento di amido e di zucchero, 23,8 di legumina e di altre materie azotate e 2,1 di grasso. I piselli cotti senza troppi aromi o salse indigeste convengono anche ai convalescenti e possono solo riuscir dannosi a chi soffre di flatulenza abituale o di bruciore al ventricolo. Oggi si preparano piselli teneri in conserva a così basso prezzo, che si dovrebbero abbandonare del tutto i piselli secchi.
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Pisello. — Ottimo fra i nostri legumi, digeribile, saporito, nutriente. I piselli freschi e cotti in acqua leggera sono assai più digeribili che i
Quaglia. — Il più piccolo, il più gentile dei nostri gallinacei e che ingrassando facilmente ci offre un boccone salubre e saporitissimo. Mangiatela sempre a lesso o arrosto, senza sciuparla con intingoli troppo saporosi e che nascondono il profumo delicatissimo che possiede la quaglia.
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Quaglia. — Il più piccolo, il più gentile dei nostri gallinacei e che ingrassando facilmente ci offre un boccone salubre e saporitissimo. Mangiatela
Riso. — È il meno nutriente dei nostri cereali e poverissimo d'azoto non fa che dar materie alla fabbricazione del grasso. È quindi, almeno per gli uomini di razza alta e di zona temperata, un pessimo cibo, quando costituisce la parte principale del loro regime alimentare, mentre è utile ed anche molto digeribile, quando sia associato ad altri alimenti più nutrienti.
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Riso. — È il meno nutriente dei nostri cereali e poverissimo d'azoto non fa che dar materie alla fabbricazione del grasso. È quindi, almeno per gli